Gli hooligans della Pro Patria l’hanno combinata grossa, se necessario – ora – stop alle partite. Consentitemi di usare questa iperbole in solidarietà ai tifosi bustesi e a ridicolizzare l’ordine pubblico nel calcio italiano, sempre pronto a gridare a lupo al lupo se non per per fare qualche passo pachidermico. L’Osservatorio sulle manifestazioni sportive da il via libera alla sospensione delle partite nel caso in cui da una delle due tifoserie si leveranno insulti razzisti, inni al razzismo, d’intolleranza o antisemitismo. Boateng ha fatto scoprire il razzismo nel calcio in Italia, o per lo meno a certe autorità e una parte della stampa.
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Non dev’essere stato facile per un giovane ghanese vivere da immigrato nel quartiere berlinese di Wedding, tra bande di strada e skinhead alla ricerca di qualche dimostranza. Il suo piede però l’ha portato presto a diventare un mito del calcio, tra ingaggi milionari e fidanzate invidievoli. Ma gli insulti razzisti in campo, soprattutto in Italia, ci sono sempre stati. E non è un mistero che le Curve destroidi sono particolarmente fotosensibili alla pelle del colore. Che vuoi farci, è nella natura e nella stupidità umana.
Il Pro Patria ha una tifoseria ne meglio ne peggio di altre così come Boateng non è ne più ne meno come un giocatore qualsiasi, magari di serie D, che quei cori li sente più da vicino perché gli spalti sono a ridosso del campo e quando batte dal discetto arriva sempre qualche sputo o fatto bersaglio di oggetti. Allora perché aspettare che tutto diventi eclatante quando invece quello di Boateng non è che l’ennesimo episodio di un non-problema? Non-problema perché il razzismo, come la discriminazione sessuale e quant’altro se la si vuol combattere – o accettare come pratica sociale – dev’essere affrontato sul pragmatico della vita reale, non sulla baldanza scenica di curva da stadio.
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