Si sono svolti ieri in provincia di Alessandria i funerali di Andrea “Sandrino” Carrea, gregario e fedelissimo dell’indimenticabile Fausto Coppi. La sua figura, forte e gentile, è il manifesto di un Italia anni ’50 laboriosa e silenziosa. E tanto sudore. Riuscì perfino ad avere l’onore di indossare la Maglia Gialla alla fine della nona tappa del Tour de France del ’52 che il giorno dopo andò, naturalmente a Coppi.
» Fausto Coppi, foto del mito del ciclismo
Questa volta, nell’ultima corsa, Sandrino era solo, solo al comando. Da lassù lo guardavano i suoi fratelli di ruota, Ettore Milano e Fausto Coppi. Alla Bianchi erano un trio inseparabile. Carrea era quasi invisibile, a dispetto della sua mole, ma con l’Airone bastava uno sguardo per capire al volo il gioco di squadra. chissà quante vittorie dei miti dello sport sono stati possibili anche grazie a chi ha lavorato dietro le quinte, senza mai godere a pieno del merito.
Di Fausto Coppi, Sandrino aveva una devozione assoluta, leale, inossidabile. Di lui possiamo leggere la bellissima testimonianza nel libro ” Gli angeli di Coppi: il campionissimo raccontato da chi ci correva insieme, contro, e soprattutto dietro“. Dei mesi passati e sopravvissuti in un campo di concentramento in Germania, del sodalizio alla Bianchi con Coppi “Ho sempre corso con il Fausto e per il Fausto” scrive.
Un campionissimo che però non era nato con una grinta indomabile e spesso si butta con il morale giù. Allora bisognava faticare il doppio ma senza mai una polemica, senza mai venire meno a quel tacito patto di fratellanza. Fratellanza condivisa anche con Serse Coppi, un discreto corridore che però aveva la magia di portare il sorriso in squadra, la coesione del gruppo, fino a quel tragico incidente al Giro del Piemonte del ’51 quando una ruota gli si conficcò in un binario del tram e morì successivamente per emorragia cerebrale.