Un campione molto giovane, talvolta, trascorre momenti di pure difficoltà. Probabilmente una difficoltà necessaria al compimento di quel passaggio tra l’essere (come detto) un ‘campione’ e il diventare un ‘fuoriclasse’. Che differenza c’è? Chi scrive ritiene, volendo fare un riferimento con alcuni mostri sacri del calcio del passato, Gianluca Vialli un campione e Marco Van Basten un fuoriclasse. La differenza? Nell’interpretare il gioco del calcio, nel dargli una visione poetica. Nel non seguire una tecnica ben precisa, imparata alla perfezione, ma nel creare una tecnica nuova e riscrivere le regole. E’ questo l’anello di congiunzione tra calcio è arte, naturalmente a parere di chi scrive.
Mario Balotelli è, dunque, un ‘campione’ in difficoltà. Quelle difficoltà che forse, dal momento che i tempi sono peraltro cambiati, non lo condurranno mai ad essere un fuoriclasse. Il motivo? Al giorno d’oggi SuperMario è sempre al centro dell’attenzione. Bersaglio e/o pallino dei media. L’uomo nel mirino, l’oggetto del desiderio, il capro espiatorio. Il suo errore? Portare tutto quello che vive fuori dal campo ‘in’ campo. Senza una linea bisettrice che tagli il ‘prima’ con il ‘durante’.
Mario Balotelli non ‘gira’ in un Milan appannato, ricco di problemi societari ed extra-societari. La ‘colpa’ non è (solo) sua. Certo è che questo è un inverno difficile per quel ragazzo che un anno fa (prima di firmare il suo ‘patto col diavolo’) fece sognare i tifosi italiani trascinando la Nazionale agli Europei e arrendendosi solo allo strapotere della Spagna e al secondo posto.
Ora la storia parla di rigori sbagliati e di un possibile addio all’Italia. Forse per sempre. Sarà così? E’ giusto? Quello che, chi scrive in primis, ci si augura è che Balotelli si isoli e inizi (anzi ritorni) a fare il Balotelli lasciando fuori dal campo Mario.