Non sembra che l’Italia del rugby sia pronta a scendere in campo. O meglio lo farà ma rimediando spesso delle brutte figure, in questo Mondiale. O almeno questa è la sensazione dopo la pesante sconfitta nel test match contro l’Irlanda. Eppure non è colpa dei giocatori.
Quando una squadra perde, come avviene nel calcio, si deferisce anche soltanto verbalmente l’allenatore prima e i giocatori poi. Nel rugby le cose stanno in modo diverso. Soprattutto nel rugby italiano che per troppi anno non è cresciuto nel modo giusto ed ora ci troviamo a “rimediare” un XV attraverso naturalizzati e giocatori che stanno facendo esperienza all’estero. Ecco come Marco Rivaro, in un lungo articolo, descrive la situazione. Ma è soltanto una parte:
Il dito è stato immediatamente puntato su alcuni giocatori e sull’allenatore ma la realtà è che questi non hanno grandi colpe: sono troppi anni infatti che in Italia il progetto di rugby di alto livello vive alla giornata, che manca una visione di medio periodo per gestire non solo la nazionale, ma anche i club, le relazioni con i media e la strutturazione del “Prodotto Ovale” come un prodotto vincente che possa coinvolgere interesse, sia di nuovi atleti che di sponsor.
Se i giocatori non vengono messi nelle migliori condizioni di ottenere lquella che gli inglesi chiamano peak performance nei match che contano e non sono spesso a disposizione dell’allenatore per allenamenti periodici, non solo non si riuscirà a creare un identità di squadra ma anche lo spogliatoio ne verrà a risentire: troppi sono stati gli input negativi negli ultimi anni (la lista è ahimé lunga, solo alcuni esempi: dalla malagestione del nostro gioiello nazionale- Treviso – che ha visto l’anno scorso la diaspora di numerosi giocatori, passando per la generale crisi finanziaria del campionato di Eccellenza che porta al poco interesse di televisioni e spettatori per finire al recente e probabilmente necessario “sciopero” dei giocatori della Nazionale) e non si può pretendere tutto questo non abbia degli effetti.
Nel caso in cui poi ci fosse stato bisogno di un ulteriore test che ci desse una valutazione dello status del nostro movimento, l’esame sta per arrivare. E che esame: la Coppa del Mondo! Il terzo evento sportivo del globo – in termini di interesse, audience, sponsors e budget – è infatti ormai alle porte e già si parla di un torneo estremamante ben riuscito dal punto di vista organizzativo e commerciale: più del 90% dei biglietti è gia stato venduto (e a prezzi non esattamente a buon mercato) e gli organizzatori sono convinti che England 2015 diventerà la Coppa del Mondo di Rugby più ricca della storia.