Ci sono sempre delle restrizioni per gli stranieri che giocano in una squadra fuori dal loro paese. Le federazioni sportive sono sempre vincolate da numerosi cavilli nei tesseramenti e qualche volta per sciogliere i nodi si arriva al giudice sportivo. Nel caso del Cantù ha avuto ragione la squadra.
Anche se ai più sembreranno questioni di lana caprina proviamo a spiegare la vicenda di JaJuan Johnson che adesso potrà essere tesserato anche essendo il settimo straniero nella formazione del Cantù. È possibile andare oltre il limite di sei come richiesto e sottolineato dalla squadra. Il perché lo spiega la Gazzetta dello Sport:
Meno di due ore sono servite alla Corte Federale della Fip per emettere il verdetto: Cantù ha ragione, può tesserare il giocatore JaJuan Johnson. Tutto verteva sull’interpretazione della norma Doa (Disposizioni organizzative annuali) che tanto ha fatto discutere in questi giorni. Il club lombardo può quindi passare dalla formula del 5+5 al 3+4+5: partendo col 5+5, Cantù ha utilizzato 6 visti per 6 giocatori extracomunitari tuttora sotto contratto, la richiesta era se il settimo visto (che automaticamente secondo le Doa implica il passaggio al 3+4+5) poteva anch’esso riguardare un’atleta extracomunitario. Dopo uno scambio di accuse (anche forti) tra Lega, Fip e la stessa Cantù, oggi è arrivato il verdetto. Che susciterà ulteriori polemiche tra i club che sono contrari alla richiesta di Cantù e che ora chiederanno spiegazioni al presidente della Lega Basket, Nando Marino, reo di non aver avvisato tutti i club sulle intenzioni dell’Acqua Vitasnella. Nel comunicato si legge: “La Corte Federale di Appello presieduta dal dott. Carlo Maria Scipio, vista la richiesta di interpretazione del Capitolo VI delle Disposizioni Organizzative Annuali Professionisti 2015-16 della Pallacanestro Cantù, ha espresso parere positivo alla richiesta della Società”.