L’annuncio choc è arrivato all’improvviso: addio De Rossi, il capitano, dopo 18 anni, lascia la Roma perché la società non rinnova il contratto.
Un fulmine a ciel sereno, che i tifosi non si aspettavano. Stanotte sono comparsi subito i primi striscioni contro la società, ritenuta poco sensibile e poco sentimentale. Ma al di là dei sentimenti, l’addio al capitano potrebbe essere l’ennesimo errore della stagione.
Le motivazioni e gli errori
La motivazione dell’addio a DDR è tecnica. Non ci sarebbe spazio, per lui, nella Roma del futuro. Una Roma che dovrà subire l’ennesima rivoluzione, e non giocherà (a meno di suicidi altrui) la Champions, dopo anni di partecipazioni consecutive.
Ma ha differenza di Totti, DDR ha ancora un anno, forse due, di condizione atletica a buon livello. È un leader, amato dai compagni, e un punto di riferimento per chi arriva e chi c’è. Avrebbe accettato un contratto di un anno, con un compenso basso. Avrebbe potuto fare da capitano non giocatore, e comunque non avrebbe preteso, e non si sarebbe preteso da lui, giocare sempre, anzi.
Poi De Rossi è attualmente il giocatore romanista più conosciuto all’estero. Un elemento di marketing e di fama per la società a livello internazionale.
Molti obbietteranno che la Roma dei romani non ha vinto nulla. Ma non lo ha fatto nemmeno quella dei non romani.
Ultimo fattore, la personalità del giocatore, in una squadra che aveva già perso Nainggolan, Strootman e Alisson. La personalità è stata il grande difetto della rivoluzione Monchi. Lo stesso Ds ne ha dimostrata poca, se non pochissima. Perché nel calcio non vanno visti solo i valori tecnici, altrimenti il Leicester non avrebbe mai vinto il campionato.